Uno dei prodotti più richiesti sul mercato è il latte fresco pastorizzato: semplice da fare, ma che prevede alcune accortezze e un impianto per il trattamento termico del latte e il suo raffreddamento.
In Italia e nel mondo, esiste una vasta quantità di tipologie di latte che si possono distinguere per:
– titolo di grasso (intero, parzialmente scremato, magro)
– trattamento meccanico (omogeneizzazione)
– trattamento termico (pastorizzazione)
– shelf life (ESL, microfiltrati ecc.)
oltre a latte UHT, Alta Qualità, delattosato, arricchito o aromatizzato. Una gamma così ampia di prodotti è attraente per il piccolo produttore, il quale si troverà ad affrontare molti aspetti tecnici e di conformità prima di partire con la produzione.
La pastorizzazione è il trattamento termico a temperatura inferiore a quella di ebollizione cui viene sottoposto il latte per distruggere i germi patogeni in esso contenuti; consiste nel mantenere il latte ad una determinata temperatura per un determinato intervallo di tempo. La combinazione temperatura/tempo deve essere tale da garantire esito negativoall’analisi della fosfatasi alcalina ed esito positivo all’analisi della perossidasi (L. del 03.05.1989, n. 169). Successivamente il latte deve essere raffreddato nel più breve tempo possibile a +4 °C prima del confezionamento. Per effettuare questo trattamento termico è necessario un macchinario per pastorizzare il latte (polivalente, pastorizzatore).
L’omogeneizzazione è il trattamento meccanico che va a distruggere le membrane dei lipidi rendendo omogenea la dimensione dei globuli di grasso e impedendo l’affioramento del grasso. Questo trattamento favorisce l’assorbimento d’aria e dà quindi origine ad un latte più semplice da usare in bar e ristoranti. Questo trattamento meccanico che deve essere fatta a temperature elevate per garantire la riformazione dei globuli di grasso e comporta l’acquisto di appositi macchinari dal costo importante (omogeneizzatore). I piccoli caseifici agricoli che vogliono standardizzare i lipidi nel latte possono munirsi di macchine scrematrici.
Per quanto riguarda gli organi di controllo, gli addetti alla verifica spesso sono restii a rilasciare il nullaosta per la produzione, visti i parametri entro i quali è necessario rimanere soprattutto in tema di garanzia della sicurezza alimentare e viste le temperature di confezionamento e il rispetto della catena del freddo.
Altro aspetto importante è il packaging, poiché il produttore deve avere un occhio di riguardo rispetto alla confezione in quanto il latte è una materia prima fotosensibile e il contatto con la luce potrebbe ossidare il grasso; inoltre un packaging trasparente potrebbe, da un lato, evidenziare l’affioramento della panna portando da un lato vantaggi per la dimostrazione di artigianalità ma causando, dall’altro svantaggi in caso di una clientela poco “educata” in materia di latte, questo nel caso di un latte non omogeneizzato.
Una volta superati questi “gradini”, rispettando le norme igienico-sanitarie e dotandosi di un impianto di pastorizzazione a norma e capace di registrare tempi e temperature (come le analisi del prodotto finito), non rimane che trovarsi un canale di vendita, dai classici (supermercati, negozi di alimentari, spaccio aziendale, distributori automatici) a quelli più moderni (bar, gelaterie, ristoranti) e iniziare a produrre avvalendosi della giusta campagna di comunicazione.
Qual è in sintesi il latte più semplice da produrre? È quello fresco intero pastorizzato, senza standardizzazione di lipidi, NON omogenizzato, base di partenza per poi cimentarsi nella diversificazione aromatica e di formato a seconda delle richieste del mercato e del target a cui ci si rivolge.