Spesso nel settore lattiero caseario la parola caglio raggruppa in sè tutti quei coagulanti che servono al casaro a trasformare il latte in cagliata quindi a fare il formaggio.
Raramente però ci si sofferma a studiarne l’effetto e scegliere la tipologia di coagulante migliore per una specifica tipologia di lavorazione. Il caglio, oltre al latte, è l’unico ingrediente essenziale per la produzione di formaggio e la sua composizione, la quantità che si immette nel latte e il momento d’immissione determinano in modo predominante il prodotto finito.
Sarebbe buona prassi quindi differenziare la coagulazione in funzione delle caratteristiche di sapore e struttura che si intende ottenere. La scelta del casaro dovrà quindi valutare:
- il tipo di formaggio da produrre;
- le carattristiche organolettiche del formaggio finale;
- le norme di legge (alcune Dop prevedono un uso specifico di tipo di coagulante).
I coagulanti si classsificano in:
- Coagulanti di origine genetica microbica: sono delle clonazioni di cellule. Il messaggio di sintesi della caseina viene portato su dei batteri non patogeni che lo replicano. Quelli più usati sono Escherichia coli, Aspergillus nidulans e Kluyveromyces lactis. Questi coagulanti non sono costituti da un sistema enzimatico come il caglio ma da un singolo enzima. In Italia ne è vietato l’uso in forma liquida, per le produzioni di formaggio Dop e formaggio BIO poiché si tratta di Organismi Geneticamente Modificati. Varie prove hanno dimostrato che i formaggi prodotti con questi coagulanti non mostrano difetti di struttura marcati mentre presentano sapori e odori leggermente differenti da quelli prodotti con coagulanti animali.
- Coagulanti di origine vegetale: sono sicuramente tra quelli più antichi e tra i più comuni; si ricordano l’estratto di cardo, l’estratto di gallio, l’estratto di fico e l’estratto di papaia. Ne citano l’uso gli antichi Romani i quali consigliavano già di usare questi tipi di coagulanti per le produzioni di formaggi freschi e non stagionati. In forma liquida o pastosa, molto utilizzati attualmente per la produzione di formaggi “vegetariani”, vanno dosati con cautela vista la loro forte azione sulle proteine che tende a fare insorgere il gusto amaro nei formaggi.
- Coagulanti di origine fungina: in questo caso si sfrutta il metabolismo di origine delle muffeMucor mihei, Mucor pusillius e Endothia parasitica. In forma liquida o in polvere, per questi coagulanti si deve considerare che la fase di formazione del coagulo è lenta all’inizio e accelerata verso la fine del processo. Sarà quindi l’abilità del casaro a gestire il processo.
- Coagulanti di origine animale (caglio): sono quelli più usati e si trovano in forma pastosa, liquida e in polvere. Di composizione molto complessa, contengono all’interno sia la chimosina che la pepsina. Si differenziano in caglio bovino, caprino e ovino, ma ne esistono anche ottenuti da suini e pollame.
La composizione di tutti i coagulanti è data dal rapporto dei due enzimi principali (chimosina e pepsina) in percentuale, (50%/50%, 75%/25%, 95%/5% etc.) mentre il loro potere coagulante viene misurato dalla scala IMCU (international milk clotting unit) o da un titolo in proporzione: 1:5000, 1:10.000 1: 100.000 ecc. La proporzione prevede che ogni parte di coagulante dovrebbe coagulare 5000, 10.000 o 100.000 parti di latte crudo a 35°C in 40 minuti.
Quindi quale tipologia di coagulante è meglio utilizzare per ottenere le tipologie di formaggio desiderate?
Puoi trovarlo anche su: RUMINANTIA – DOMUS CASEI